Leggere l’articolo “Riflessioni antariori” dell’Albatro, mi ha colpito molto.
Anche, mi ha colpito leggere la risposta di una persona, che è arrivata all’Albatro, purtroppo non su questo blog.
Mi ha colpito perché l’Albatro è uno al quale sono legato in modo fortissimo, ma anche perché ero molto legato l’altra persona.
Era l’autunno del 2010. E l’Albatro si stava misurando con uno periodi peggiori nel suo percorso avventuroso di studio lontano da casa.
In percorsi come questi ci si apre la mente, ci si fanno nuovi amici, si affrontano situazioni nuove e sconosciute ma si deve anche cucinare, pulire, prendere il treno e spostare le proprie cose su e giù ogni settimana per tornare dai propri amici, ovunque siano, quassù tra le montagne o laggiù in pianura; in questo percorso ci si può trovare anche ad affrontare un taglio di luce/gas/acqua all’ingresso dell’inverno, con la prospettiva di dovere chiedere a destra e a manca favori, passaggi, ospitalità, chiarimenti, appoggi….
Niente di epico, per intenderci, ma una scelta non comoda che so avere alla base la voglia di allargare i propri confini. Non sto parlando di sfuggire dai propri confini, ma di allargarli, mantenendo un legame con la propria terra ed i propri amici: tra questi ultimi c’era anche l’altra persona di cui sto parlando, che era considerato uno tra i più vicini.
Era l’autunno del 2010. E ricordo che l’Albatro era alle prese con questi problemi di luce/gas/acqua e che era stato deciso dovesse affrontarli da solo. Quando si faceva sentire però, continuava in modo insistente a dirsi preoccupato solo di quest’altra persona, suo amico, al quale era capitato in quei giorni il fatto triste di perdere, suicida, un giovanissimo collega e amico.
Ricordo che, insieme a qualcun altro, anche lei molto vicina all’Albatro, ci siamo sentiti spinti ad andare da quella persona, in un luogo dove non andiamo mai, per chiedergli “come stai?”. Niente altro.
Lo sguardo che ci è venuto di ritorno ci sembrava grato e questo ci ha fatto sentire meglio perché pareva che lo avessimo fatto sentire un po’ più sereno: avevamo fatto una cosa molto piccola, “siamo qui”, che in virtù di quello sguardo ci era sembrata grande e importante per lui.
Saremmo tornati cento e mille altre volte per chiedergli “come stai?”, ma poi ha deciso di perdere questo ed altro.
Gli orizzonti dell’Albatro si stanno allargando e questa disavventura di cui parla nel suo articolo fa già parte del suo passato, ma il fatto che ritorni a galla nel modo in cui è scritto, dimostra, anzi urla, quanto di personale e intimo ci avesse investito (ma sbagliare gli investimenti è una cosa che può sempre capitare, a tutte le età, anche alla mia).
Queste righe non sono una difesa dell’Albatro: da come sta reagendo di fronte ai problemi che affronta ogni giorno sempre di più da solo, dimostra che non ne ha bisogno.
Voglio dire e dirgli che io ho capito la sofferenza intima e profonda di chi ha scritto quelle cose dopo alcuni mesi, sentendosi rispondere ancora una volta nel solito modo.
Voglio dire che questo è il punto centrale di tutta la questione.
L’Albatro è più forte di quello che lui stesso creda; la sua avventura lontano è già durata più di quella di altri, prontamente tornati a casa e al vecchio tran-tran dopo pochissimo tempo. Lui e la sua voglia di continuare stanno dimostrando che diventa sempre più forte e sempre più aperto al mondo, anche essendo lontano (non solo fisicamente) e anche grazie alle esperienze come questa, di cui ha parlato nel suo articolo.
Dopo quanto ha detto e ha scritto, chi non riesce a capire la sua sofferenza ed il livello intimo al quale questa esperienza è arrivata, o non è capace di ascoltarlo o non ne ha la voglia. È chiaro che non c’è colpa in questo: ognuno sceglie di ascoltare chi vuole ascoltare; delle sue scelte non è colpevole ed è conscio che ne prenderà le conseguenze, una volta che avrà maturato la propria capacità di ascoltare.
Caro Albatro, la mia vecchia lettura dei testi biblici, che ho condiviso moltissimi anni fa con degli amici, che ancora sono tali anche se non ci vediamo spesso, e tutti sotto la guida di un grande amico sacerdote, mi fa tornare in mente parole cristiane, che sono al tempo stesso dure e di grande saggezza quotidiana:
14 E se alcuno non vi riceve né ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scuotete la polvere da’ vostri calzari (Matteo, 10:14)
“Scuotete la polvere dai vostri calzari”: lo ha detto agli apostoli quando insegnava loro il difficile cammino della difficile vita che si erano scelti, lontano dalle comodità di casa, in giro per il mondo: nulla dell’amarezza di non esser stati ascoltati né del dispiacere d’esser stati trattati male, nulla dovevano portare con sé, nulla che appartenesse a quella casa dove non erano stati ascoltati. Questo, caro Albatro non è un giudizio sulla “casa”, né sulla giustezza del messaggio che loro portavano: è solo un modo, anche molto pratico, per poter continuare a portare in giro il proprio messaggio con gioia, andandosene pacificamente e ancora, e ancora per il mondo, pieni di curiosità e di voglia di conoscenza e di migliorarsi.
A maggiore ragione se, come hai visto e stai tuttora vedendo, il tuo essere, e fare, e dire suscita sentimenti non pacifici in te o in quella “casa”.
Scuoti la polvere dai calzari e vola, Albatro!
Quello che stai soffrendo e maturando fa parte della vita, ma ti sta permettendo di allargare i tuoi confini, NON di fuggirne, in una sfida che tu hai voluto e che stai portando avanti con la giusta curiosità che serve alla tua e a tutte la età.
Sbaglierai ancora tanto, ma avrai tante persone vicino a te che ti capiranno, non solo perché ci tengono a te, ma anche perché sanno come ascoltare gli altri.
Voglio dirti ancora una volta che tutte le esperienze sono utili, ma che bisogna imparare a portare con se solo la parte che ci servirà e a lasciare indietro senza indugi la zavorra polverosa che potrebbe riempirci i calzari, impedendoci di camminare.
A proposito, sì, l’altra persona di cui sto parlando e alla quale ero legato sei proprio tu, Leonardo; sono certo che troverai altrove quello che hai lasciato perdere qui, e te lo auguro.
26.02.2011
Natobene