Archivio per ottobre, 2010

Oramai è un caso. Dalla barzelletta alle dichiarazioni “strambe” di Ruby, la ragazza ancora per poco maggiorenne che è salita alla ribalta negli ultimi giorni. Qua potete trovare l’inchiesta di Repubblica.

Dannazione però. Elio e le Storie Tese mi hanno preceduto. Ieri pensavo con mio padre di fare una canzone “Bunga Bunga” da immettere nel web…ma esattamente la sera prima, gli Elii l’avevano performata a Parla con Me, sulle note di Waka Waka (il tormentone dell’estate, ricordate? Certo che sì…).

Ecco il video!

Inoltre, un divertentissimo articolo di Jacopo Fo: Anch’io ho fatto sesso con Berlusconi!

Qua potete trovare un articoletto sul boom di risultati di Google per la ricerca di “bunga bunga” (…più di 12 milioni!) e qua invece su corrieredellasera.it potete vedere un video che parla della ricostruzione in 3D del caso, direttamente dalla Cina.

Speriamo che per l’assurdità e la comicità della situazione si capisca quanto è dannoso per la nostra immagine e per il nostro onore, continuare a mantenere e rieleggere persone come i nostri politici…

Domenica 17 ottobre è andata in onda una puntata di Report, nella quale si parlava, nella rubrica Com’è andata a finire? (il link porta al video della rubrica), delle ville ad Antigua di cui è proprietario il nostro premier Silvio Berlusconi. Il servizio era l’aggiornamento dell’inchiesta trasmessa nella puntata del 15 novembre 2009, dal titolo “La banca dei numeri uno“, che trattava il caso poco chiaro di Banca Arner.

Il quesito portante di Report non era capire di chi fossero le ville ad Antigua, perché è chiaro e confermato che sono legalmente intestate a Berlusconi: il fatto poco chiaro era da chi Berlusconi ha comprato i terreni su cui sono state costruite.

In un Paese normale credo che non sarebbe successo granché, se non dopo la trasmissione del servizio: polemiche “a seguire”. Invece, creatività del tutto italiana ci stiamo abituando alle “precritiche”: Niccolò Ghedini infatti già domenica mattina parlava del servizio di Report come diffamatorio e minacciava azioni legali. Milena Gabanelli, conduttrice del programma, ribatteva, un po’ stupita, dicendo che non capiva come potesse descrivere così la puntata quando ancora nessuno l’aveva vista.

Su Farefuturo Web Magazine, il periodico della fondazione FareFuturo, riporta in data 26 ottobre un’intervista di Domenico Naso a Milena Gabanelli, della quale vorrei riportare alcuni passaggi, e commentarli.

Dopo una domanda a proposito del pluralismo nella RAI, l’intervistatore chiede quali siano in punti della denuncia che sarebbe arrivata a Report, ma la Gabanelli nega l’arrivo di qualsiasi citazione. Per ora, verrebbe da dire.

Intervistatore: L’edizione appena iniziata di Report sembra più di “opposizione” rispetto a quelle precedenti. Scelta consapevole o effetto dei tempi?

Gabanelli: Nel nostro paese si declina tutto politicamente, quando invece la domanda dovrebbe essere: “È vero o falso ciò che viene raccontato?

Qua, a mio avviso sta uno dei punti del fare giornalismo in Italia. E così che si discosta l’attenzione dal nucleo delle questioni: tutto ciò che è pericoloso al potere viene declinato come attacco politico, le notizie diventano armi, per cui queste si confondono con le notizie false, fabbricate: queste sono le armi solite della diffamazione e distruzione dell’avversario, scorrette e dannose. Ci si concentra su particolari che debitamente “trattati” possono sembrare vizi mastodontici, allontanando l’attenzione dalla notizia completa, contestualizzata: su questa ha senso praticare un test di verità, sui particolari no, perché presi da soli ed elevati a notizia distorcono qualsiasi verità, in quanto sono solo una parte: sicuramente non sufficiente.

Al termine della breve intervista Naso fa una domanda a proposito del “circo mediatico attorno alla vicenda di Avetrana”. La risposta della Gabanelli è semplice e disillusa: questo tipo di storie non verrebbero gestite così ampiamente se la gente non vi si attaccasse in modo così morboso. Vale a dire che vicende come Cogne, Erba, Garlasco e ora Avetrana sono a tutti gli effetti “prodotti di mercato, come tanti altri”. Rabbrividisco soltanto a pensare a come si possa seguire con passione una vicenda come quella dell’omicidio di Sarah, fino ad arrivare a perdere di vista il dolore di chi ne è incolpevole protagonista, ma soprattutto a perdere il sentimento di “pudore”, buono, che dovrebbe avvolgerci di fronte a questi eventi: dentro è come essere più mostri del mostro che l’ha uccisa, perché si vuol sapere ogni piccola cosa della biondina ammazzata e gettata in un pozzo, dalla sua passione per i cani ai risultati degli esami biologici sul tampone vaginale.

Sentimento umano a zero, se tutto è prodotto di mercato. Noi stessi dobbiamo venderci, noi stessi dobbiamo acquistare: finisce che siamo solo un veicolo per i soldi, siamo merce ormai scaduta, ma dal portafoglio sempre e comunque pieno e…succulento.

Ciò che segue non è frutto di immaginazione.

Ho bottato la macchina. Era venerdì. Sabato entrando in macchina ho rotto gli occhiali urtando lo “stipite” della portiera. Domenica sono uscito a fare una cromoterapia con una amica e la macchina si è fermata, batteria scarica.

Mi hanno staccato la luce e il gas in appartamento, quasi due settimane fa, il 18 ottobre. Il gas al momento ancora non c’è. Me lo rimetteranno venerdì mattina. Due mattine fa ho, non so come, eliminato dal mio computer praticamente tutta la cartella “Università”, ricca di appunti e presentazioni delle varie materie.

Oggi a Chimica Inorganica mi veniva da ridere, non istericamente, ma in modo incontrollato. Dio mio (è un modo di dire), se lasciamo andare il flusso dei pensieri assaporandone tutti gli affluenti, ci rendiamo ben conto che le tante piccole cose della giornata sono in realtà immense, uniche da sole e scivolose se solo cerchi di trattenerle. Ti lasciano solo il ricordo e il carico di umore che avevano con loro. Diventare un chimico potrà essere il mio futuro, ma insieme sogno di fare milioni di altre cose. E ugualmente bene. Il problema diventa il come. Aggiunto al perché e al quanto facilmente. Che si collega subito al tempo che occorre per imparare e riuscire a fare qualcosa bene, il quale è corroso dagli imprevisti, che nel luogo comune arrivano tutti assieme. Se tutto va bene può anche darsi che siamo un po’ più concentrati. L’attenzione cala e gli sbagli si moltiplicano.

Ho perso due settimane per dei casini burocratici che mi hanno costretto a trasferirmi ospite dalla nonna, con un viaggio di tre quarti d’ora sia all’andata che al ritorno dalla facoltà. Non ho studiato. Il tempo in macchina passa ma la testa si rilassa e a casa arrivi stanco, non concentrato. Anche ora dovrei stare chino sulla Chimica Fisica (complicata!) ma sono qua a scrivere. Sono deconcentrato, una punta di mal di testa e 18° nell’appartamento, non alzabili se non col fiato. Impresa ardua. Cinque alle otto, devo uscire a prendere la pizza. In tuta, gli occhiali vecchi (orribili, ma fanno molto professore), barba da fare: la solita capricciosa senza salsiccia ma con le olive, grazie Franco (si chiamerà poi così?).

Ora che ti metti concentrato sui libri le ore evaporano, e ti pare di non aver fatto nulla, se sei indietro come lo son io con questo inizio di anno accademico. E nemmeno il tempo di suonare un poco. A parte il fatto che non avevo la tastiera, dalla nonna.

Ma esco dal mio corpo e vedo questa figurina in una città, popolata da tantissime persone, in uno stato e un mondo zeppo di gente, tutti presi a correre in giro senza un perché; se non sapessi che sono tutti movimenti, i loro, che sono già stati fatti…tradizionali, i lavori non sono altro che funzioni, cioè azioni in sequenza che necessitano di un autore e sempre di un autore più o meno consapevole di cosa sta facendo. Per farlo bene, naturalmente. Ma perché, estraniato, il lavoro, il vivere comune sembra senza senso? Si inverte tutto: molte cose che sembrano fondamentali diventano futili e dannose: perché quell’omino corre e si affanna fra le città, invece che guardarsi intorno nella Terra, perché non ammira le distese di erba ancora per poco verde e bagnatissima tra il fango, o le foglie gialle rosse ocra verdi arancio che d’improvviso cadono a pioggia se il vento invisibile le spinge giù dal ramo? Perché non si mette a parlare col vicino senza avere il pensiero fisso che potrebbe fare qualcosa di più remunerativo? È un’ingiustizia mortale aver perso la voglia di conoscerci, stranamente morta nel cercare di farci conoscere, o meglio dare agli altri l’immagine di noi che si aspettano: gran lavoratore, persona onesta, ecc. Tutto molto importante, imbalsamato di luoghi comuni e sacrifici assurdi, in nome di cosa? Della saggezza futura del “se quella volta” o “se avessi”, pensando a fatti che abbiamo evitato per fare piuttosto qualcosa di più vantaggioso in termini economici, di prestigio, o sotto il comando di imperativi e bisogni imposti dolcemente da altri. Io sono libero di odiare il mondo perché lo amo? E mi accorgo di odiarlo quando per pigrizia o stanchezza lo ignoro, passivamente vivo, e lascio andare tanti momenti che invece dovrei prendere, afferrare e baciare violentemente, con passione, perché sono miei, solo miei. Nessuno ha il diritto di privarmi di loro, men che meno io stesso. Io lo odio il mondo quando è ancora lì a sorriderti, nonostante spesso lo ignori, e pronto a ospitare la prossima scena dove il caso ti pugnalerà o ti incenserà. La tragedia (senso strettamente letterario, teatrale) finisce, e non sai dove ti struccherai.

Caotico abbastanza da giustificare la mia momentanea assenza dal In comode rate?

I video che riporto sotto sono tratti da una conferenza per la libertà di stampa che aveva come ospiti (tenetevi forte) Minzolini (direttore del TG1), La Russa (ministro della difesa), Bondi (ministro dei beni culturali), Santanché (sottosegretario), Feltri (direttore del Giornale), Belpietro (direttore di Libero). E’ come fare una conferenza sulla legalità con Gambadilegno, Diabolik e Lupin. Prendetevi dieci minuti per guardare questi video. Prendeteveli davvero. Alla fine non sapevo se ridere o piangere. Decidete voi. La realtà è ribaltata. Completamente. In un modo incredibile e terribile.

Dal blog di Fabio Picchi, chef e scrittore, sul ilfattoquotidiano.it, una piccola suggestione.

Molti anni fa un amico terapeuta, vittima dei miei stati emotivi, mi suggerì di risolvere rabbie accumulate nel quotidiano vivere regalandomi il tempo per sdraiarmi in un prato con lo sguardo al cielo. In quella posizione mi ricordai quante volte da ragazzo mi ero sdraiato su un masso di granito sopra Chiessi, bellissimo paese elbano, in notti stellatissime con la biforcazione delle spirali sovrapposte della Via Lattea abbagliante l’anima. E come dalla Via Lattea fossi passato al desiderio di una rincuorante tazza di latte e miele che chi mi accompagnava, bontà sua, corse a prepararmi in quella vicina piccola casa che avevamo affittato, con l’odore della conigliera e delle erbe appena falciate, con il fragore dei notturni colori delle siepi che la cingevano con leBelle di Notte.Erbe, prati, granito elbano, latte e miele, Belle di Notte, come fette di pane “inzuppate” nella vita. Nella bellezza della vita. Se avete un neonato in età di ciuccio inzuppateglielo nel miele, se avete un figlio o una figlia in età da merenda spalmateglielo sul pane. Se avete un amore fateci colazione con yogurt greco o farcite biscotti marie. Se siete voi stessi bisognosi di un coccolo serale scioglietevelo nel suddetto latte. Se avete un genitore anziano a cui volete fare una carezza, chiedete a lui come doverglielo servire. Ricordatevi delle api, ricordatevi dei fiori, per i millefiori primaverili, ricordatevi delle api, ricordatevi dei frutti per millefiori estivi. Ricordatevi, bagaglio necessario per qualsiasi futuro.

F come brevissimo film da guardare, nostro “Oscar” del mese.

Sul Corriere del 24 ottobre appena passato, il Presidente della provincia di Udine Pietro Fontanini ha affermato che “le persone disabili ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici. Da parte degli studenti normodotati c’era molta disponibilità verso i ragazzi disabili, ma l’integrazione è un’altra cosa. Innanzitutto esiste il concreto rischio che gli studenti con problemi si trovino a dover seguire lezioni troppo difficili. Eppoi, a causa dei tagli imposti dalla riforma, gli insegnanti di sostegno fanno più assistenza che appoggio durante le lezioni e spesso non hanno il tempo di verificare il lavoro dei disabili». Conclusione: «Sarebbe meglio pensare a percorsi differenziati. Sul tipo di quelli organizzati dalla Provincia, da me presieduta, per favorire l’inserimento di questi ragazzi nel mondo del lavoro».

Dall’articolo “Sani, belli, forti, quasi ariani” di Silvia Truzzi (dal Fatto del 3 ottobre) traggo queste storie: “A fine luglio un albergatore veneto ha chiesto ai genitori di una bimba di quattro anni affetta da una rara malattia (che le fa emettere “suoni inarticolati e fa s t i d i o s i ”) di cenare in orari diversi dagli altri clienti. […] Giuseppe Pellegrino – assessore all’Istruzione del comune di Chieri – ha spiegato la sua ricetta per far fronte ai tagli della scuola: mandare gli alunni disabili instrutture specializzate, perché in aula danno pugni ai muri e disturbano. […]Un armonioso professore del conservatorio di Milano ha postato su Facebook il seguente messaggio: troppi disabili a scuola, bisogna tornare alla Rupe Tarpea perché la genetica vince sulla didattica. In realtà, a Roma, dalla Rupe buttavano gli avversari politici. Era il Monte Taigeto, a Sparta, dove i bimbi deformi venivano esposti: o morivano o, se gliandava bene, venivano raccolti da qualcuno.”

Sembra di essere tornati indietro nel tempo. Il nazismo mirava all’eliminazione dei disabili, considerati un peso per la società. E l’eliminazione è stata poi attuata. Questi signori, quando dicono o scrivono queste cose, pensano mai che quelle di cui stanno parlando, che coloro che disprezzano e vogliono eliminare sono persone? Con sentimenti e desideri come loro? Evidentemente no. E questo li rende meritevoli del più profondo disprezzo.

Che nel 2010 ancora si debba parlare e discutere di classi differenziate è inaudito. Ma c’è un modo molto semplice per rispondere al Presidente della provincia di Udine. Mostrargli i fatti. Che in questo caso sono rappresentati da una sentenza della Corte Costituzionale del 1987 (ventitré anni fa), la numero 215.

Per parlarvi di questa sentenza, devo raccontarvi una storia. La storia di Carla.

Carla è una diciotenne disabile, con problemi di tipo mentale. Viene bocciata al primo anno in un istituto tecnico. Il preside ammette con riserva la ragazza alla ripetizione dell’anno, rimettendo la questione al provveditore agli studi. Il provveditore chiede un consulto al medico legale, il quale stabilisce che l’handicap non è grave e che “la giovane può trarre dalla frequenza un beneficio che, se relativo quanto all’apprendimento, è viceversa notevole sul terreno della socializzazione e dell’integrazione, in modo da far ritenere fondamentale la riammissione della giovane, per la quale l’isolamento contribuirebbe in maniera assolutamente negativa alla formazione del carattere”.

Nonostante questo, il preside respinge la richiesta di iscrizione. I genitori decidono di ricorrere alla Corte Costituzionale, in quanto la legge utilizzata per negare l’iscrizione (n°118/1971) dice, all’articolo 28, che “sarà facilitata la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori ed universitarie”. Questa frase, secondo i genitori, non comprende i disabili e non assicura loro di essere ammessi ad una scuola secondaria superiore allo stesso modo dei “normodotati”.

La Corte Costituzionale deciderà per la sostituzione della parola “facilitata” con “assicurata” accogliendo questo motivo di ricorso dei genitori. Nella sentenza si possono leggere le seguenti parole: “La partecipazione al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato.[…] La frequenza scolastica é dunque un essenziale fattore di recupero del portatore di handicaps e di superamento della sua emarginazione e può operare ai fini del complessivo sviluppo della personalità. […]La scuola, l’interazione con i compagni e coi docenti, ciò che il disabile può imparare, sono tutte cose che determinano la persona che sarà in futuro, che lo aiutano al pieno sviluppo della personalità. L’art. 34 della Costituzione afferma che “la scuola è aperta a tutti”. Letto alla luce degli articoli 2 e 3 della Costituzione, l’articolo 34 assume il significato di garantire il diritto all’istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona. E’ con organico e risorse in più che si mettono d’accordo il diritto all’educazione e le esigenze di funzionalità del servizio, non sacrificando i diritti dei disabili.”

Credo che qesta sentenza sia colma di parole che vanno in una direzione chiarissima: l’istruzione è un diritto fondamentale. Un diritto che ci permette di relazionarci con gli altri, in quanto siamo costretti ogni giorno a confrontarci con altre persone, a sforzarci di imparare, di metterci alla prova. Ed è faticoso, difficile, stancante. E non sempre dà i risultati che vorremmo. Ma bisogna provarci. Relazionarsi con un disabile può essere ancora più difficile. Ma chi, per questo, vorrebbe relegarli tutti in una scuola differenziata, in gabbia come mostri, non ha capito niente. Dell’uomo e della vita.

Speriamo che ci siano altri cento, mille casi come quello di Carla, che siano sempre lì ad insegnarci il valore del prossimo e l’importanza di imparare.

 

Da un paio di settimane, sul sito del Fatto, è iniziata la Minzoparade, ovvero la classifica delle dieci notizie più assurde date dal TG1. Leggere questa hit parade ci fa capire come sia ridotto quello che era il primo TG nazionale e in generale l’informazione italiana. Riportiamo la classifica della settimana dal 16 al 22 ottobre appena trascorsi. Tra parentesi trovate il numero di posizioni perse o guadagnate rispetto alla scorsa settimane. Buon divertimento!

1. Festival dei rapaci notturni: gufi civette ed allocchi portano fortuna (+2)
2. A 52 anni muore Charlie lo scimpanzé fumatore dello zoo di Città del capo (-1)
3. A Madrid il campionato nazionale di siesta: una tradizione che va difesa (New Entry!)
4. Gli animali più ricchi del mondo: Gunther il pastore tedesco, Kalù lo scimpanzé e Michele il gatto soriano (New Entry!)
5 . Giorrgg Cluunei ed Elisabetta Canalis: si sposano o non si sposano? (New Entry!)
6. I vasetti per la pupù dei bimbi alla moda (New Entry!)
7. Tuca-tuca gigante e super peperonata a Carmagnola (+2)
8. I tacchi alti fanno brutti scherzi (-4)
9. Le pompette salvavino  (-7)
10. Campionato internazionale di Subbuteo: piace anche alle ragazze (-5)

Terzigno brucia. Gli abitanti, disperati, danno fuoco ai camion e lanciano di tutto alla polizia, che risponde con lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo. Volano molotov. Un agente passa dalla parte dei manifestanti. Gli scontri sono continui e violenti ormai da giorni. Guardando le immagini di ciò che accade, sembra di vedere gli scontri di una guerra civile, di una battaglia in un qualche Paese oppresso, dove i ribelli lottano per la libertà. E forse è proprio così. Sembrano cronache di un Paese lontano. Sono racconti dell’Italia di tutti i giorni.

L’emergenza rifiuti in Campania non è risolta. Non lo è mai stata. Chi l’avrebbe mai detto? Le immagini dei cumuli di monnezza ai bordi delle strade sono su Youtube da mesi, da quando il governo aveva dichiarato cessato l’allarme, assicurando che tutto era risolto, che il problema non esisteva più. Ci si è girati dall’atra parte, ritirando le telecamere e i giornalisti, in modo che nessuno raccontasse più ciò che c’era. E chi lo faceva veniva considerato un visionario, un fazioso, un comunista. Tutto finito, tutto scomparso, fine della storia. Fine del racconto, fine dei problemi.

Ma quando mai? Sono anni che la Campania è sommersa di rifiuti. Le varie commissioni straordinarie non sono servite a nulla, se non a sistemare politici trombati, mentre l’inceneritore di Acerra, dipinto come un modello di buon funzionamento, non funziona come dovrebbe.

E ora la storia della discarica di Terzigno mostra la realtà per quella che è. C’è una popolazione che si troverebbe un’altra discarica sotto casa, colma di rifiuti tossici provenienti da ogni dove, che li faranno ammalare di leucemia più di quanto accada già oggi. Ma la gente non ci sta, non intende stare a guardare mentre viene loro distrutta la vita, mentre viene loro rubato quel piccolo pezzo di futuro che ancora hanno. E quindi la rivolta. Forse unica possibilità di cambiare le cose, di risolvere una situazione che è insostenibile ormai da troppo tempo.

Avevamo già scritto (nel post “Chi è Stato?“) quello che pensava la popolazione di Terzigno di questa nuova discarica: ” Dalle nostre parti, in Campania, si muore di tre cose: camorra, politica e discariche. La discarica di Terzigno però, a mio avviso, è il sodalizio tra la camorra e lo Stato. Perchè qui noi non stiamo a combattere le camorra, noi la camorra ancora non la vediamo. Noi qui siamo a combattere lo Stato, perchè è lui che ce le ha imposte le discariche”. Come non essere d’accordo?

L’UOMO GIUSTO AL POSTO GIUSTO


Chi viene chiamato per risolvere la situazione? Guido Bertolaso. Par di sognare. Bertolaso, lo stesso che si è occupato così bene del terremoto dell’Aquila (con migliaia di persone che ancora non hanno una sistemazione, il centro della città fermo al giorno del terremoto e gli aquilani che protestano sempre più spesso, ovviamente restando inascoltati e oscurati dai media servi del padrone), che si faceva massaggiare da procaci signorine al Salaria Sport Village e dirigeva i lavori del G8 della Maddalena (poi spostato all’Aquila), costato centinaia di milioni di euro, con spese gonfiate dai costruttori. Marco Travaglio ci ricorda chi è Guido Bertolaso nel filmato sottostante.

Ci si può aspettare che Bertolaso risolva il problema dei rifiuti? Ovviamente no. Investirlo di un compito così importante è un atto vergognoso, l’ultimo di una lunga serie, degno di un governo che si disinteressa dei bisogni dei cittadini e che dà gli incarichi sempre ai soliti noti, indipendentemente dalle loro capacità.

Dal sito dell’Espresso, un dialogo dei finiani su Facebook a proposito del voto favorevole sul lodo Alfano!

Stavo guardando il Tg1 lunedì 18 sera, e il servizio “farlocco”, diciamo “stile StudioAperto”, parlava di un vigile urbano, recordman come homo novus del mestiere nell’affibbiare multe per divieto di sosta. Addirittura il sindaco è stato beccato in sosta vietata. Ero distratto ma le due domande clou le ho colte: “Che lavoro faceva prima di diventare vigile?” – “Il giornalista” – “E come mai ha deciso di cambiare lavoro?” – “È una questione di stipendio“.

Wow. Già risulta spesso odioso il vigile urbano. Sottopagati, frustrati, meno pagati dei vigili urbani, quelli che ti fanno storie per una ruota fuori posto, i giornalisti in effetti sono fastidiosi: la Gabanelli che ci viene a raccontare, con il suo sorriso ironico, di tutte le nefandezze nazionali, con servizi di una logica disarmante; Iacona, che con il suo stile appunto “in presa diretta” è il fratello di Milena nel raccontarci i drammi del Paese; la Busi, l’ex mezzobusto del Tg1, con quella sua mimica facciale piena di rimandi faziosi; Travaglio, con i suoi monologhi a metà tra la satira ed un computer, dove fa a pezzi ogni singola contraddizione snocciolando i dati precisi precisi; Ruotolo, il baffone amico Santoro, la coppia che ci rompe le scatole nell’arena di Annozero ogni giovedì.

Proprio insopportabili. Meglio sarebbe vedere dei giornalisti nuovi, giovani e belli, no? A StudioAperto ci hanno pensato da tempo: gran belle donne in studio a presentare la miscellanea di notizie saltellanti dai seni della Ferilli ai massacri nella striscia di Gaza, passando per i cuccioletti salvati nella periferia della tal città nella tal provincia. Ma mi si dirà che StudioAperto non è un telegiornale. In effetti ha la durata doppia e notizie zero. Ma è lo spazio di informazione (o “infotainment”, information + entertainment, informazione e spettacolo) di Italia1, canale tutt’altro che non seguito. Hanno già rimpiazzato la Busi (che pure è una bella donna) con queste nuove figure, senz’altro professionali, ma soprattutto di bella presenza.

Piuttosto che sentirmi stupido con notizie parziali (sia nel senso “di parte” che nel senso di “incompleto”) preferisco sentire tante parti di verità nelle voci di più giornalisti. La sinfonia all’unisono dei telegiornali suona come un requiem, proprio quando il ragionare è nel pieno della sua vacanza: perché ho l’impressione che molti siano abituati a ignorare i contrasti che pur notano nei discorsi politici e nella vita di tutti i giorni? Senz’altro è più facile ignorare che qualcosa non va, che vada tutto bene invece. È più facile ma lo trovo nauseante: qua nasce il senso di scontento generale che porta tanti a disamorarsi del proprio Paese, dei propri simili, dei propri diritti.

Accontentandosi, o meglio limitandosi ad accettare sempre il minimo (nella prima parola c’è la radice “contento”, ma non è questo sentimento che prova chi accetta il minimo), tutto diventa consumo, una sorta di McDonald’s mentale, per cui il bisogno più semplice e comune è impegnare la mente per non vedere lo schifo che c’è attorno. E la mente semplificata che è stata modellata negli ultimi vent’anni accetta volentieri l’idea di avere cinquecento canali televisivi fra cui scegliere, solo per gustare la possibilità di scegliere fra tutte quelle cose che in realtà non la interessano per davvero. I bisogni superficiali vengono creati e subito appagati. Per questo il ragionare non serve, anzi, complica le cose!

Il giornalismo fa al sua parte nel cercare di veicolare le cose come stanno. Il giornalismo deve dare notizie, e quando non lo fa è diventato soltanto un abile venditore, un ipnotizzatore: lavora per un altro scopo, spesso lo scopo di qualcun altro. Perciò vedo un singolare collegamento tra il vigile degno del servizio farlocco e l’idea diffusa sui giornalisti di oggi: già, a quanto pare, li pagano poco, cosa lo stanno a fare questo lavoro, che ci fornisce soltanto cattive notizie e mal di stomaco?

Dimenticavo che piuttosto che ascoltare chi ci fornisce armi e difese contro raggiri e ingiustizie che si vorrebbero tener nascoste, è meglio passare per fessi.