Archivio per luglio, 2010

Possiamo chiamarle puntate, se vogliamo. Il nostro amico Natobene ha ripreso a viaggiare per il suo lavoro, dopo un periodo di due anni nei quali era “rientrato per lavorare (finalmente) nella terra che mi ospita da 28” (leggi anche “Mancavo da due anni“). I viaggi quindi continuano, e il diario di viaggio anche…

Puntata seconda, buona lettura!

di Natobene

Avvolto in una nuvola di fumo

Sto sorseggiando un caffè nella calma di una saletta-caffè aspettando un collega che deve finire una riunione. Poi si tornerà in Italia. Sono in uno stabilimento dove si produce carta, all’estero. Ho ricominciato a viaggiare con una certa frequenza e i programmi dicono che la frequenza aumenterà: dopo la lunga pausa senza viaggi, nella terra che mi ospita, ricominciare a viaggiare significa per me guardare con occhi diversi ciò che prima della pausa era spesso sotto i miei occhi. Significa vedere, non guardare.

Sono alla finestra e guardo (vedo) fuori.

Si affaccia su un fiume, incanalato e ordinato. Lento. Mi colpisce la lentezza del fiume, che nelle pianeggianti vicinanze del lago in cui va a gettarsi non è per niente strana, e anche la sua pulizia. Dal secondo piano dove sono posso vedere i pesci che nuotano e l’unica nota stonata di colore innaturale, piccola, ma stonata proprio perché è in mezzo a tanta pulizia e limpidezza: forse una lattina di birra o un pezzo di plastica andato a fondo. Un rivoletto, meglio uno scarico a fiume sull’altra sponda, scarica lentamente e con costanza, acqua pulita.

Vedo una collina verdissima  e ordinata con su una chiesa a tetto spiovente, un paio di strade costeggiate da aiuole fiorite, un ponte e persone che camminano, lente. Anche quelli che passano in bicicletta passano lenti; anche le macchine.

Manca mezz’ora a mezzogiorno e vedo un piccolo ponte di metallo sospeso sull’acqua che congiunge la cartiera con un edificio dall’altra parte: dev’essere una via di fuga in caso di emergenza, come quelle che si trovano in tutti i siti produttivi. Anche l’edificio dall’altra parte è un sito produttivo, molto più piccolo della cartiera, che con questa condivide il fatto di avere una via di fuga tagliata dal fiume e un ponte di metallo come via di fuga.

Fabbricano porte e devono farlo bene, a giudicare dal numero di  furgoni, furgoncini e auto aziendali sponsorizzate che sono nel  parcheggio. Mano a mano che guardo, vedo che ne arrivano, lentamente, altri; parcheggiano e ne scendono, lentamente, persone che entrano in azienda.

Sul ponte: appena fuori dalla porta, dalla parte del fabbricante di porte, c’è un piedistallo e un uomo inizia ad armeggiare. Non riesco a vedere cosa c’è sul piedistallo, perché è nascosto dalla balaustra, ma vedo che ne esce vapore, o fumo. “Sta facendo un lavoro che non può essere fatto dentro perché sviluppa vapori o odori che non possono ristagnare all’interno”. Penso, e penso istintivamente  che se i pezzi su cui sta armeggiando gli cadono nel fiume oppure se l’odoroso solvente gli si rovescia, allora addio pulizia del fiume. Anche lui è lento ad armeggiare, dev’essere un lavoro complicato oltre che pericoloso, dato che poi viene un altro e gli suggerisce qualcosa, e poi ne arriva un altro ancora e ancora gli da suggerimenti. Proprio complicato, complicato e pericoloso. Forse proprio pericoloso non tanto, dato che glielo lasciano fare sopra un fiume pulito; ma sicuramente impegnativo e quantomeno molto odoroso, dato che lo deve fare di fuori e che di fumo ne fa tanto. Lentamente il lavoro procede, uguale: fumo, collega (più esperto?) che esce, guarda e suggerisce, altro collega e altro fumo ma, non è che gli faccia male?

In Italia siamo abituati (abituati?) a vedere gente che lavora  rispettando poco la sicurezza o costretta a farlo  e allora, se può dirsi consolatorio, consola il fatto che anche qui, in questo Estero, succeda che una persona faccia un lavoro come quello e in quel modo, sopra un fiume pulito (e lento) e in mezzo ad una nuvola di fumo.

“Chissà cosa sta facendo! Decapaggio chimico? Lavaggio con solventi? Verniciatura a spruzzo?”.  E intanto tutta la scena intorno continua nel suo movimento corale: arrivano altri furgoni e altre persone, lentamente, e lentamente sulla strada continuano a passare pedoni, ciclisti e automobilisti e lentamente si avvicina mezzogiorno, con persone che escono sul ponte e controllano e danno suggerimenti.

Sono curioso, devo spostare quel tabellone all’angolo della finestra su cui sono attaccati in bella esposizione dati e obiettivi aziendali (qui in Svizzera fanno così, li espongono nella saletta del caffè e  suggeriscono in questo modo gli argomenti di conversazione durante la pausa).  Lo sposto leggermente e mi allungo, vedo un po’ di più e l’uomo sul ponte, proprio in quel momento, solleva al di sopra della balaustra uno dei pezzi su cui stà lavorando e così posso vedere chiaramente il wurstel, ormai cotto a puntino: stava facendo una grigliata!

Alle undici e mezzo di mattina,  su un ponte di fuga, circondato dai suggerimenti e dall’interesse dei suoi colleghi che rientrano in azienda e hanno tutti qualcosa da dirgli al proposito, stà facendo una grigliata!

Sarà per cose come queste che la Svizzera è così forte?

Sarà forte, ma è lenta. E non sempre, guardando, si vede.

Natobene (ευγενοσ)

È quasi arrivata l’estate

Pubblicato: 23/07/2010 da montelfo in L'Albatro
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Il mio compagno Aristofane è già partito per le vacanze, per cui ci sono solo io a gestire In comode rate mentali, e chiedo perdono per la recente rarità dei post, ma, se un blogger è in vacanza, l’altro al momento è impegnato con gli ultimi esami di luglio!

Sto scrivendo dopo aver terminato uno scritto di chimica generale…ma tornerò (e torneremo) presto a scrivere copiosamente!

L’Albatro

” […] – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio.”

(Italo Calvino, “Le città invisibili”)

***

Una vita ricca, tumultuosa. Un fiume in piena. Probabilmente l’unica che ci è concessa, e il mio banale desiderio è sfruttarla al massimo. Non è sicuramente un desiderio raro, ma credo che per riuscire ad avanzare sempre sia necessario capire che non è possibile escludere dagli avvenimenti che ci investono quelli tristi, negativi, ingiusti. Anche perché spesso costituiscono la parte più significativa delle nostre esperienze, sia per numero che per “intensità”.

Cullati da questa sensazione opprimente, credo che sia necessario accettare, di tanto in tanto, come un voto che va ripetuto, che sarà per sempre così: la forza per andare costantemente avanti sta nell’accettare il senso di oppressione?

Ciò significa affrontare l’angoscia a viso aperto, senza aspettarsi di uscirne vincitori. L’indugio nello schivare l’argomento genera frustrazione, la continua procrastinazione dà un senso di incompletezza (e “inconcludenza”, strano termine, nel senso di non riuscire a concludere alcunché di utile). Cercare di distruggerne il peso invece può portare a certezze e sicurezze che rischiano di venir smantellate alla prima contraddizione che incontrano, vanificando tutti gli sforzi fatti per conseguirle.

La chiave sta nel muoversi quindi? L’indugio del non decidersi ad agire è immobilità. La ricerca di certezze porta ad uno stato di appagamento che è di per sé immobile, statico. Che vita noiosa sarebbe.

Muovendoci senza accettare pigramente la situazione dell’oggi, possiamo forse cambiare noi stessi e questo caos di mondo? Io credo di sì, e se ci sentiamo paralizzati da avvenimenti troppo grandi, troppo tristi, troppo crudeli, l’unica cura è la reazione, il movimento. La chiamano anche “coraggio” questa mentalità.

Se è il male che ci vibra attorno a paralizzarci, allora possiamo, dobbiamo riconoscere che in questo buio ci sono delle piccole luci. Diamanti nel fango freddo che si discostano dallo schifo che prevale su tutto quanto.

Sopravvivere e stare a galla riesce a molti, parlando con Calvino è “accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più“. L’abitudine allo schifo, tanto italiana…

Vivere nuotando invece è difficile, perché “esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio“. (Chiedo “venia” per le citazioni, ma non denotano mancanza di fantasia: sono le frasi ad essere perfette per questo discorso)

Un numero di anni “x” sulla Terra, probabilmente gli unici che ci saranno concessi, da sfruttare: diavolo, se è difficile! Senza retorica, la forza per dare il meglio (a noi stessi) l’abbiamo dentro, e questa reagisce ai colpi che vengono da tutto intorno. Come possiamo intervenire? Forse siamo come i timonieri, dirigiamo la nave: dobbiamo e possiamo usare il vento e le onde a nostro vantaggio, per andare avanti e, se possibile, evitare di naufragare.

L’Albatro

E’ arrivata l’estate

Pubblicato: 14/07/2010 da montelfo in Aristofane, Società

di Aristofane

E’ arrivata l’estate. E con lei, da qualche giorno, la fine delle fatiche del primo anno di Università. Ora le meritate vacanze. Sabato si parte.

Al ritorno in patria, spero di trovare un’Italia diversa, più consapevole, più sveglia ed attenta. Senza bavagli, disoccupazione e scandali. Ma ne dubito. Non vedo un futuro molto roseo per noi e per il nostro Paese. I furbi continuano ad essere tali e a seguire i loro interessi.

Ma lamentarsi e basta non serfve a niente. Anzi, è dannoso. Quindi rimbocchiamoci le maniche, tutti quanti, e diamoci da fare. Il futuro fa paura, ma si può costruirlo tutti insieme. Non buio, ma roseo e gonfio di aspettative. Io ci credo.

Per ora, saluto temporaneamente il blog, vistop che in vacanza non potrò aggiornarlo. Lo lascio nelle sapienti mani di L’Albatro. Grazie Incomoderatementali. In questi mesi mi hai aiutato ad esprimermi e a confrontarmi con le mie e le altrui idee. Mi hai seguito in questo primo anno universitario, spingendomi sempre a migliorarmi. E spero di esserci riuscito.

Una bella lettera aperta a Pierluigi Bersani, firmata da Jacopo Fo (nella foto; qua il suo blog sul Fatto), lettera che trovate sul sito de Il Fatto Quotidiano, a questo link.

A mio parere è un bel ritratto della sinistra che ci vorrebbe, e che molti vorrebbero, cioè un gruppo ben organizzato di progressisti coraggiosi e pragmatici.

A che serve un partito se non fa nulla per aiutare la gente, il popolo? Se il problema è battere Berlusconi, il suo partito e il sistema che questi hanno imposto al nostro Paese, allora sembra logico lavorare là dove chi ci sta governando ha delle lacune. Gli attacchi frontali non hanno effetto, e c’è una grande esperienza in questo senso.

Non è dunque sufficiente opporsi a parole, dichiarazioni a mezzo stampa, se poi non seguono dei movimenti: è per questo che la sinistra e l’opposizione in generale sembrano (sono) così immobili. Tanta “formalità” e poche azioni.

Fo propone quindi una serie di interventi come esempio di innovazione e risparmio a livello comunale: come abbattere i costi agendo sugli sprechi, introducendo tecnologie realmente utili e vantaggiose.

Per ulteriori spunti e sproni visitate l’iniziativa di “M’Illumino di Meno“, made in Caterpillar: Cirri e Solibello sono anni che ne parlano…

***

CARO BERSANI, FACCIAMO COSE (DI SINISTRA)

Caro Bersani, perché non facciamo noi la politica dei fatti?

Ci sono migliaia di Comuni in mano al centro sinistra. Perché non li convinciamo a tagliare i costi energetici? Si stanno buttando via centinaia di milioni di euro. La smettiamo?

Tentar non nuoce, così ti scrivo questa lettera. Perché oggi mi sono svegliato e mi son detto: “Io proprio non capisco!”

Ti sarà capitato di entrare in un ospedale, in inverno, e notare che fa un caldo notevole e le finestre dei corridoi sono spalancate. A me sembra strano che ai cittadini e agli amministratori pubblici non venga una vampata di rabbia a vedere questo. Sono soldi buttati al vento. Basterebbe mettere i termostati, degli aggeggini meravigliosi che spengono il riscaldamento quando si raggiunge la temperatura desiderata. Così si evita di far bollire le persone che poi aprono le finestre e buttano via il calore e i soldi. Il 2% della bolletta energetica dello Stato Italiano la buttiamo via perché in Italia non si capiscono i termostati.

Qualcuno ti dirà che questo è il solito discorso minimalista: “Con tutti i tragici problemi che abbiamo in Italia dobbiamo occuparci delle questioni strutturali non delle bazzecole.”

Ma io penso che non sia così. Innanzi tutto stiamo parlando di centinaia di milioni di euro che comuni, province e regioni stanno buttando via. E lo dico dopo aver fatto i conti con un gruppo di ingegneri (http://www.jacopofo.com/?q=node/1677). Gli stessi ingegneri (ad esempio il professor Maurizio Fauri dell’Università di Trento) con i quali siamo intervenuti nel comune di Padova, grazie al sindaco Pd, Zanonato, tagliando un milione e mezzo all’anno di spese comunali. Ci siamo riusciti sostituendo le lampadine dell’illuminazione pubblica, i regolatori e le caldaie. Ma gli interventi che si potrebbero realizzare sono decine. Si potrebbero spegnere i riscaldamenti delle scuole la domenica, si potrebbero isolare i tetti, mettere i tripli vetri, pannelli solari termici e fotovoltaici, impianti che producono biogas dalle biomasse solide o umide, buttiamo tonnellate di rifiuti vegetali in discarica e si potrebbe invece produrre denaro. Si potrebbe produrre gas combustibile anche dalle acque di fogna e dal letame delle stalle. Soldi dalla cacca: a me sembra di sinistra. Potremmo costruire fitodepuratori che non utilizzano pale o pompe ma solo i batteri. Si potrebbero sfruttare il vento, le correnti del mare, i corsi d’acqua, con piccole turbine piazzate sul fondale, non creano problemi di installazione, sono praticamente invisibili, hanno un diametro di 120 centimetri.

Potrei andare avanti per pagine a elencare tutte le azioni che un’amministrazione pubblica potrebbe compiere per ottimizzare l’efficienza energetica e combattere gli sprechi (vedi http://www.ecofiera.it/).

Ed è interessante notare che per concretizzare questi miglioramenti le amministrazioni non devono tirare fuori un soldo. Il risparmio è talmente cospicuo che l’investimento si può ripagare da sé negli anni, con una parte di quel che si risparmia, il resto finisce nelle casse comunali. E in un momento così difficile per l’economia si potrebbe mettersi d’accordo con una banca che anticipa al comune i risparmi dei prossimi anni.

Sono cose che di certo sai, e che hanno capito molti sindaci del Pd, tant’è che lo stanno facendo. Ma in modo disorganizzato. Un impianto solare qui, un impianto di fitodepurazione là…

Ma ti immagini che risparmio potrebbe realizzare il comune che adottasse tutte le tecnologie convenienti in un colpo solo?

E si potrebbe anche coinvolgere i cittadini a partecipare economicamente a questa razionalizzazione delle risorse energetiche. Il sindaco Pd di Peccioli, Renzo Macelloni, lo ha fatto. Un impianto fotovoltaico che ha come azionisti-soci i cittadini. Grazie alla legge che avete fatto voi con il governo Prodi, che finanzia al 100% gli impianti fotovoltaici, una legge santa. Un vero affare per gli abitanti di Peccioli. Ma a Peccioli hanno realizzato anche una discarica che funziona, non disperde veleni nell’ambiente. Anche perché recuperano il biogas che l’immondizia produce e anche lì i cittadini ci guadagnano. E’ un posto tanto pulito che ci hanno fatto sopra un concerto.

Poi hanno anche il dissociatore molecolare, sempre lì a Peccioli. Una roba che non brucia i rifiuti, li trasforma in gas portandoli a 400 gradi circa, in assenza di ossigeno. Col gas poi produce elettricità. E anche questo, grazie alla legge che tu hai sostenuto, è finanziato al 100%. Un’altra legge santa.

E, per inciso, questo dissociatore molecolare è un impianto all’avanguardia nel mondo, niente a che vedere con gli inceneritori antiquati che si stanno costruendo in giro. Non c’è combustione, non c’è fiamma, non ci sono emissioni.

E poi ci sono altre realtà… Come non parlare di Reggio Emilia? Quelli del Pd. Sono degli esaltati. Hanno gli asili migliori del mondo. L’Asilo Diana lo ha fondato nel ’45 un gruppo di partigiani. I soldi se li sono procurati vendendo un carro armato tedesco al ferrovecchi0. C’hanno i pannelli solari, le piste ciclabili, i riscaldamenti ergonomici, le finestre empatiche, l’isolamento termico zen.

E anche qui potrei andare a raccontare per pagine le meraviglie realizzate da alcuni sindaci del tuo partito.

Ma sono comunque pochi quelli che si muovono veramente, la maggioranza dei sindaci, diciamolo, non è che non fa niente, non si può dire, ma fa poco. Sono mesi che proponiamo a sindaci e assessori la sostituzione degli impianti di illuminazione pubblica. Con Banca Etica abbiamo studiato un pacchetto che permette al comune di sostituire lampadine e regolatori a costo zero, con l’anticipo di parte del risparmio futuro. Certo tutti mi dicono: “Che bella idea!” Ma poi si perdono. Forse non si fidano.

La sensazione che ho è che i sindaci poi decidano di rimandare gli interventi perché non si sentono sicuri. Sono cose nuove, le proposte sono tante, non si sa come scegliere quella giusta.

Allora mi dico, perché non lo fai tu di portare proposte agli amministratori?

Cavolo, di te si fiderebbero.

Il Pd potrebbe organizzare un centro di consulenze, uno sportello di servizi per i sindaci, che aiuta i Comuni a non perdersi nel labirinto burocratico e e nella giungla delle offerte. Un centro che organizza strategie energetiche, certifica tecnologie, prepara i bandi, le gare d’appalto, contratta sconti con le aziende produttrici, convenzioni con le banche e studia l’architettura di sistemi di partecipazione popolare al finanziamento dell’efficienza energetica dei comuni. Non è una cosa difficile. Ci siamo riusciti noi che siamo una piccola associazione, non avresti problemi a farlo tu con un colosso come il Pd.

Ma poi tu figurati, c’hai un centinaio di sindaci che di esperienze da moltiplicare te ne potrebbero dare a carrettate. Gente tua, militanti che se gli dessi la possibilità sarebbero capaci svuotarti il mare con le orecchie, gente concreta, appassionata, abituata a non farsi bloccare dalla paralisi burocratica che ci affligge. Ti basterebbe dargli spazio e sarebbero persino capaci di portare un’aria nuova nel PD.

E sai cosa vorrebbe dire andare alle prossime elezioni con storie di cambiamenti concretizzati.

Perché loro parlano di politica dei fatti, ma come sai non sono capaci, fanno solo finta, sono troppo impegnati nella Grande Abbuffata del Potere.

Noi progressisti, se ci si mette in testa di far qualche cosa, invece, lo si fa. E’ questa la differenza.

Facciamola vedere.

di L’Albatro

Come se fosse andata via la corrente. Ieri i siti delle maggiori fonti d’informazioni non sono stati aggiornati, e i quotidiani non sono andati in edicola. Così si è svolta la protesta contro la legge bavaglio.

Vi riportiamo qua sotto alcuni link alle motivazioni delle varie testate, sia di chi ha deciso di scioperare, che di chi ha invece preferito uscire in edicola e aggiornare il proprio sito.

***

Il senso del silenzio: l’editoriale su repubblica.it per spiegare le ragioni dello sciopero;

Bavaglio, black-out dell’informazione, è la giornata del “silenzio rumoroso”: articolo di repubblica.it che spiega le modalità e le adesioni allo sciopero;

Intercettazioni, domani black-out informazione: news di ansa.it sulle adesioni allo sciopero;

Niente sciopero, oggi Libero in edicola: editoriale di Maurizio Belpietro da libero-news.it (purtroppo non lo fanno leggere nella sua completezza…);

Feltri: “Ecco perché il Giornale è in  edicola”: editoriale di Vittorio Feltri su ilgiornale.it;

Tg1: Sciopero dei giornalisti: un breve sul sito tg1.rai.it per avvertire dello sciopero;

Sciopero, non capiamo ma ci adeguiamo: articolo di Marco Travaglio di critica (costruttiva) allo sciopero e  sulle forme di protesta più efficaci;

L’unica attualità è la libertà di informazione: agoravox.it ha agito in modo interessante, senza aggiornare la propria homepage, ne ha preparata una incentrata sul tema della libertà di espressione.

Ultimo, ma di certo non meno importante, il post sul sito del movimento Valigia Blu, guidato da Arianna Ciccone, che raccoglie collegamenti alle testate straniere, ad articoli che parlano dello sciopero, per sapere come è stato visto all’estero:

Pagina su incomoderamentali

– Link all’articolo di Valigia Blu

– Link alla pagina Facebook di Valigia Blu

Con tutto questo parlare di bavagli mi è tornata sotto mano una notizia scovata una ventina di giorni fa, dal sito di SkyTg24, che viene dall’Islanda.

Il 15 giugno Parlamento di Reykjavík ha approvato all’unanimità una legge che è stata ribattezzata “legge sbavaglio“. Non è un’errore di battitura, e la maggioranza bulgara che ha votato (50 a favore, 0 contrari e un astenuto) non ha approvato una legge vergogna, ma bensì la totalità del Parlamento ah varato un provvedimento che amplia la libertà di espressione. La legge avrà comunque un periodo relativamente lungo prima che sia operativa, in quanto l’iter burocratico islandese è piuttosto complesso: il governo deve specificare come questa legge dovrà entrare in vigore.

Nell’articolo di Nicola Bruno leggiamo alcuni dei contenuti della nuova legge e quali sono stati i modelli internazionali che sono stati d’ispirazione:

– protezione totale per gli informatori (Belgio);

– segreto professionale rafforzato per i giornalisti (Svezia);

– maggiori garanzie per i fornitori di connettività;

– invito a denunciare i reati delle pubblica amministrazione (USA) e completa trasparenza degli atti governativi (Norvegia);

L’Irlanda mira ad “attirare gli investimenti di chi opera nel settore dei media digitali“, cioè invita siti web e servizi online a trasferire i propri server nel loro paese, in modo da “rispondere solo alla ultra-protettiva legge del paese“.

Sarebbe infatti una soluzione interessante per poter continuare a pubblicare la intercettazioni telefoniche e tutti quegli atti di cui la nostra legge bavaglio proibisce la diffusione!

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Altre informazioni su The United Persons (sito in inglese)

L’Albatro

Oltre il blog

Pubblicato: 07/07/2010 da montelfo in Aristofane, Politica, Società, Trentino
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Da L’Adige del 6/07/2010 (Martino Ferrari = Aristofane)

Clicca sull’immagine per ingrandire

Le Paure di un Ventenne (l’immagine in formato pdf)

In seguito ai dubbi di Marco Travaglio (Auto-bavaglio anti-bavaglio) che abbiamo riportato nel precedente post, si è aperto un dibattito a proposito dello sciopero del 9 luglio degli organi dell’informazione, indetto dalla Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa Italiana).

Il gruppo Valigia Blu, guidato da Arianna Ciccone, scriveva domenica, rivolto alla Fnsi:

Cari editori, cari rappresentanti della Federazione Nazionale della Stampa -scrive il Gruppo – vi scrivo in merito allo sciopero del 9 luglio 2010 come strumento di contestazione contro la Legge bavaglio. Se si vuole dare un segnale forte per contrastare una legge che vuole i cittadini non informati e i giornalisti imbavagliati forse non è questa la risposta giusta. Anzi ci vorrebbe ancora più informazione.
Allora a nome della Valigia Blu, la dignità dei giornalisti e il rispetto dei cittadini (il gruppo apartitico nato su Facebook per una informazione corretta e per il bene comune con oltre 207 mila iscritti), vi chiediamo di non scioperare venerdì 9 luglio, pensate a una forma di protesta più forte e originale: regalate ai vostri lettori i vostri giornali. O fateli pagare la metà.
Una maggiore diffusione dei giornali -siamo convinti – sarà gradita anche  dagli inserzionisti. E agli editori che avranno paura di coprire i costi di questa operazione chiediamo più coraggio, in fondo si tratta di investire per un solo giorno puntando al ritorno non in termini economici ma di libertà e di democrazia. Sarebbero tutti felici: editori, inserzionisti, lettori, giornalisti.
Gli unici a non essere felici sarebbero quelli che in modo irresponsabile stanno portando avanti questa sciagurata legge, coloro che in un colpo solo vogliono legare le mani ai magistrati e mettere il bavaglio ai giornalisti, ledendo i diritti fondamentali dei cittadini alla sicurezza e all’informazione.

La Fnsi però ha replicato dicendo che non si tratta di uno sciopero tradizionale, ma di un “segnale straordinario, estremo, necessario per respingere un provvedimento che instaura la censura preventiva sulla stampa e cancella il diritto dei cittadini ad essere informati”; restano in attesa di ricevere e valutare altre proposte di iniziative comuni provenienti dalla società civile e dalla categoria coinvolta, pare prevedendo, oltre allo sciopero, successive iniziative di tipologia differente.

Claudio Gerino, del Comitato di Redazione di Repubblica è sulla stessa lunghezza d’onda, e ricorda che c’è tempo fino al 29 luglio per ulteriori iniziative, più incisive.

Dal sito de Il Fatto Quotidiano, scrive invece Paolo Flores d’Arcais: “Di fatto succederà questo: non usciranno i giornali più o meno democratici, usciranno invece, in situazione di monopolio, i giornali che della soppressione dei fatti (…) hanno fatto ormai la loro ragione sociale ed esistenziale. Per cui daremo vita ad un paradosso: una giornata di lotta per la libertà del giornalismo che regalerà per quel giorno l’intera opinione pubblica ai nemici di detta libertà“. (“Che senso ha imbavagliarsi da soli?“)

Gli fa da controcanto Sandro Ruotolo, sempre dal sito de Il Fatto Quotidiano, con un articolo dal titolo “Perché dico sì allo sciopero“: “Che fare? Io penso che abbia ragione la Federazione nazionale della stampa a protestare con lo sciopero del 9 luglio contro il ddl sulle intercettazioni. (…) . Il 9 luglio è uno sciopero politico, una forma di resistenza. La controparte è il governo e in gioco c’è la libertà di informare e di essere informati.“. È inoltre convinto che “sul disegno di legge sulle intercettazioni il governo può essere sconfitto. Dipende da come riusciremo ad allargare il fronte. E’ una battaglia democratica, a difesa della legalità e della Costituzione. Non è il momento di dividersi.

La direzione del Corriere della Sera ha proposto di uscire con le edizioni di venerdì 9 luglio ampliate da editoriali e supplementi riguardo alle intercettazioni, al diritto della libertà di stampa e di cronaca.

Una delle questioni più urgenti sembra quindi quella di consolidare un fronte comune per poter agire in varie direzioni di protesta contro la vergogna della legge Bavaglio. Forse, per contrappasso, ad un tentativo di “ammutolimento” si dovrebbe rispondere alzando di più la voce, ampliando le proteste e soprattutto favorendo una diffusione sempre maggiore e capillare delle informazioni che, dal 29 luglio, non sarà più permesso conoscere!

L’Albatro

Auto-bavaglio anti-bavaglio“, così titolava domenica 4 luglio la spalla de Il Fatto Quotidiano, di Marco Travaglio. Il giornalista si chiede se è davvero intelligente scioperare il 9 luglio contro la legge bavaglio, non facendo uscire il giorno successivo l’edizione di tanti quotidiani. In effetti la gente andando in edicola il 9 luglio troverà praticamente solo i giornali dell’area berlusconiana, “liberi” di canzonare lo sciopero e commentare le notizie: c’è la possibilità che la Maggioranza, avvertita con così largo anticipo, concentri a giovedì 8 una gran mole di scempiaggini e vergogne? Tanto il giorno successivo non ci saranno i quotidiani critici e opposti a commentarle, e, diciamocelo, in Italia non abbiamo una memoria tanto lunga, un giorno di vantaggio è forse troppo!

Quindi, è davvero la mossa giusta auto-imbavagliarsi per protestare contro il bavaglio?

Io mi trovo d’accordo con l’osservazione di Travaglio, che dice: “non sarebbe meglio uscire tutti in edizione straordinaria, listata a lutto, in forma di dossier con le intercettazioni e gli atti d’indagine più importanti di questi anni che, col bavaglio in vigore, non avremmo potuto pubblicare?

Non sia mai che provando in anticipo il bavaglio, dopo diventi più facile farci l’abitudine…

L’Albatro