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Prosegue la nostra spiegazione dei quesiti che troveremo al referendum del 12 e 13 giugno.

Il secondo quesito sull’acqua (scheda gialla) recita così: “Volete voi che sia abrogato il comma 1 dell’Art. 154, tariffa del servizio idrico integrato, del Decreto Legislativo N. 152 del 3 aprile 2006, norme in materia ambientale limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?” . Anche questo quesito è incomprensibile.

Al comma 1 dell’articolo 154, il Codice dell’Ambiente stabilisce come devono essere calcolate le tariffe che i cittadini pagano sulla bolletta per il servizio idrico. In questo comma si stabilisce che le tariffe devono obbligatoriamente tenere conto dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito. La norma prevede che i gestori del servizio idrico, indipendentemente dal fatto che investano per  migliorare qualitativamente il servizio o per sistemare gli acquedotti-colabrodo, devono ottenere almeno un 7% di utile per il solo fatto di aver comprato il servizio.

Si stabilisce cioè per legge che il privato che si assicura la gestione del servizio debba avere il profitto di almeno il 7%, che ovviamente verrà caricato sulla bolletta. E questo utile arriverà al gestore, lo ripetiamo, indipendentemente dagli investimenti, senza nessun obbligo di apportare migliorie al sistema. La legge garantisce quindi un minimo profitto sganciato da qualunque regola di mercato.

Questa norma è, a mio parere, allucinante. Ci rendiamo conto? Stabilire per legge il profitto che qualcuno deve ottenere dalla gestione dell’acqua. Andiamo a votare e ricacciamo indietro questa porcheria.

Il primo quesito sull’acqua (la scheda è rossa) che ci troveremo davanti domenica e lunedì prossimi è incomprensibile. Non compare nemmeno la parola “acqua” o un suoi derivato. Ecco il testo: «Volete Voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e finanza la perequazione tributaria”, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea”, convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?»

Capito? Ovviamente no, sembra ostrogoto. Vediamo allora di che si tratta.

Votando sì, dichiariamo di voler abrogare la norma che prevede l’obbligatorietà della gestione privata dei servizi idrici. Infatti la disposizione prevede che debbano essere i privati ad avere la maggioranza (almeno il 40%, mentre il pubblico dovrà essere sempre minoritario) nelle società, completamente private o miste pubblico-private che siano, che gestiscono acquedotti e affini. La finalità dei privati, ovviamente, sono di lucro, di guadagno. Infatti, in quasi tutti i Paesi e i comuni in cui l’acqua è stata privatizzata le tariffe e le bollette sono aumentate.

Ovviamente, la gestione pubblica non significa efficienza e garanzia di sistemi modello per la gestione idrica. Ma se l’acqua rimane pubblica, e deve rimanerlo in quanto è un bene pubblico e vitale, i cittadini possono ancora esercitare un controllo su chi la gestisce. Infatti, le elezioni comunali ci permettono di premiare chi si comporta bene e invece mandare a casa chi non lo fa, visto che sono tra le pochissime elezioni in cui è ancora possibile esprimere un voto di preferenza.

Chi ci assicura, dopotutto, che “privato” sia sinonimo di “efficiente”? E’ la gestione idrica romana, affidata alla privata Acea, quella che disperde più acqua, mentre gli acquedotti pubblici lombardi sono i più efficienti. Se l’acqua verrà sottoposta solo a regole di mercato (e spesso sono grandi multinazionali a lottare per accaparrarsi la gestione del servizio idrico), come fosse un qualunque altro bene, l’intento di chi la gestirà sarà il profitto, non la salute e il bene pubblico. E questo non può esistere. Dobbiamo fermarli e far loro capire che non tutto è negoziabile. L’acqua, come l’educazione, la cultura, l’energia, la salute e l’aria, non è un bene qualunque. E’ ora che se lo ficchino in testa. Noi non faremo sconti.

(Presto analizzeremo anche gli altri quesiti)

E così quelli che lasciavano libertà di voto e che consideravano il referendum come un’indicazione importante sul volere dei cittadini ora ricorrono alla Corte Costituzionale, chiedendo che il quesito sul nucleare venga bloccato. Per l’ennesima volta, tentano di azzoppare il voto del 12 e 13 giugno.

Prima non l’hanno accorpato alle elezioni (facendoci spendere almeno 300 milioni in più). Poi hanno fatto la moratoria per far saltare il quesito sul nucleare. Ed ora si giocano l’ultima carta. Ma si è mai visto un governo che cerca di scippare uno strumento di democrazia diretta dalle mani dei cittadini? Personalmente ho contribuito in piccola parte a raccogliere le firme perchè questo referendum si potesse svolgere.

Nessuno ne sapeva nulla allora, nessuno ne parlava e pochissimi ci credevano. E invece ora, per fortuna, gli appelli al voto si moltiplicano, nonostante la tv non ne parli mai (tranne pochissime trasmissioni) e anzi dia informazioni incomprensibili (vedi gli spot sulla RAI). Il referendum deve esserci, e deve essere completo di tutte e quattro le schede, per rispetto a chi ha raccolto le firme e a chi ha firmato, in primo luogo. Ma deve tenersi anche per rispetto a tutti coloro che vogliono andare a votare.

Non si possono usare sotterfugi. Se la posizione governativa è pro nucleare e privatizzazione dell’acqua, benissimo. Ogni convincimento è legittimo. Ma allora si facciano discussioni pubbliche con le due parti a confronto, se ne parli, si facciano campagne per il sì e per il no. Se ne parli democraticamente, insomma. Dovrebbe essere così. Normalmente.

Ancora di più dopo questo ricorso alla Corte Costituzionale (del cui esito sapremo martedì), andare a votare è fondamentale e decisivo. Facciamo vedere che ci siamo!! Convinciamo amici parenti e sconosciuti. Siamo tutti indispensabili.

Due parole di risposta all’articolo del mio collega Albatro.

La forza del Movimento 5 Stelle è proprio quella di non apparentarsi con nessun partito. Ogni giorno infatti sentiamo politicanti di ogni colore politico affermare pomposamente che il loro partito è diverso da tutti gli altri, si propone come alternativa, come forza nuova ecc. Ma la realtà è un’altra.

Io non penso che tutti i partiti siano uguali. Il partito di B. e la Lega non sono uguali al PD o all’IdV. Non c’è dubbio. Dubito di vedere un giorno Di Pietro imporre una legge ad personam o Bersani costringere il suo partito a votare una mozione nella quale si dice che lui ha telefonato ad una questura per far rilasciare la tal signorina (si fa per dire) perchè è nipote di Mubarak. Su questo non ci piove.

Ma, sulle cose davvero importanti, soprattutto a livello locale, come gli inceneritori, la TAV, le energie alternative, la cementificazione o l’acqua pubblica (il PD ha iniziato davvero ad occuparsene, sostenendo e pubblicizzando il referendum, solo ora che intravede un ritorno elettorale), troppo spesso i due schieramenti hanno avuto posizioni identiche. Per tacere poi le quintalate di porcherie che a livello nazionale il centrosinistra ha fatto, mostrandosi un ottimo replicante di B. (leggi vergogna mai abrogate, legge bavaglio uguale a quella di Alfano, assenze alla votazione sullo scudo fiscale…). E anche se le posizioni locali o nazionali sono condivisibili (ovviamente secondo il mio punto di vista), spesso sono affidate a persone davvero inqualificabili, come i vari Calearo, Scilipoti, Veltroni, Letta.

Quindi i ragazzi del Movimento fanno benissimo a non aggregarsi a nessuno. Che rimangano soli, e vedremo. Entrambi gli schieramenti dovranno fare i conti con questa nuova realtà, che ha il grande pregio di riportare a votare persone che non hanno nessuna intenzione di dare la loro preferenza ai tradizionali carrozzoni di gentaglia assortita che formano le liste degli altri partiti.

Il motivo per cui non devono fare alleanze con nessuno è molto semplice: loro sono davvero diversi. Non perchè Grillo sia un santo e tutto quello che fa sia giusto; non perchè siano persone più intelligenti di tutti gli altri; non perchè i loro progetti siano perfetti. Sono diversi perchè è diversa la struttura su cui poggiano. Sono solo il terminale di un gruppo, che partecipa, propone, discute, analizza. E il gruppo è formato dai cittadini, parte integrante del progetto.

Grillo è discutibile e criticabile finchè si vuole per i suoi metodi, per alcune idee, per i toni, per tantissimi motivi. E non solo si può criticarlo, ma si deve criticarlo, ci mancherebbe. E allo stesso modo si deve fare col Movimento 5 Stelle, perchè è una realtà in crescita e nata da poco, che ha bisogno di confronto e di essere messa in discussione. I grillini quindi devono stare ad ascoltare le idee diverse, ma non i sermoni di persone che non hanno più nulla da dire, che siedono in Parlamento da secoli ed hanno contribuito, chi più chi meno, allo sfascio attuale. Bisogna ascoltare la gente comune, i passanti, i votanti, i cittadini, quel popolo al quale sempre tutti si appellano. E il Movimento 5 Stelle, tramite internet, fa proprio questo.

Io non so come finirà questo esperimento, ma che le liste 5 Stelle tra qualche anno spariscano oppure che rimangano, la politica tradizionale dovrà tenere conto della loro esistenza e cambiare qualcosa al suo interno. E credo che questo, in un Paese immobile, vecchio, immutabile come l’Italia, sia un grande cambiamento e una bella vittoria.